Alla ricerca di un senso e di un significato nella vita

Chi si è occupato di come si riesce a trovare e a dare senso e significato alla esistenza di un uomo è uno psichiatra che si chiama Viktor Emil Frankl. Della ricerca di senso ne ha fatto la base della psicoterapia, poiché ha compreso che una buona parte dei disturbi psichici sono dati dalla mancanza di senso. Ha dato un nome a tali tipologie di nevrosi che ha definito “noogene”. Queste traggono la loro origine dal senso di vuoto e di aridità̀ che si genera quando è assente un significato esistenziale nella vita, uno scopo, qualche cosa per cui vale la pena vivere.

Lo psichiatra è stato deportato in diversi campi di sterminio tra cui quello di Aushwitz e da questi è riuscito a salvarsi, non scappando da essi ma standoci sino alla fine della guerra; al suo rientro in patria ha portato la sua testimonianza attraverso uno scritto intitolato “Uno Psicologo nei lager”.

Per lui, durante il periodo dell’internamento era importante avere bene in mente le ragioni per cui non valeva la pena “correre lungo il filo”; e correre lungo il filo significava gettarsi sui fili elettrificati. Sorge il quesito seguente: che cosa gli ha permesso di non abbattersi e di continuare a vivere in una situazione così assurda.

Egli nei suoi scritti sostiene che glielo hanno permesso tre ragioni: la prima ragione le persone amate, sua moglie in particolare, a cui si rivolgeva spesso con il pensiero, nonostante si trovassero in due campi di concentramento differenti; la seconda ragione era la sua stessa vocazione, il suo lavoro, volto a portare gli altri a scorgere il proprio senso e il proprio significato attraverso la “logoterapia” come definisce lui la psicoterapia; fu al termine della prigionia, che scrisse il suo libro più̀ conosciuto, “Uno psicologo nei lager” e che concluse in pochi giorni; la terza ragione di vita che lo portò ad affrontare con forza d’animo quella situazione tragica e carica di orrore, quei luoghi abbandonati, consistette nel darsi modo di esprimere il meglio di sé per affrontare con l’atteggiamento migliore la sofferenza all’interno del lager.

Per lui anche quello era un compito, alla stregua di un atto creativo. Ripeteva le parole di un grande poeta Rainer Maria Rilke il quale in una delle sue poesie scriveva: “quante cose avremo ancora da soffrire.” Intravede che nello scorgere il significato profondo del soffrire vi sia una ricchezza; non certo per puro masochismo, per il mero gusto di soffrire, quanto piuttosto per potersi elevare al di sopra di essa… Egli scorgeva che anche nell’affrontare la sofferenza vi fosse un compito esistenziale. Sin da quando era bambino egli si interrogava su quale potesse essere il senso della vita… per poterlo scorgere faceva l’esempio dell’occhio: soltanto l’occhio malato può vedere qualche cosa di sé stesso, se l’occhio scorge qualche cosa di sé è perché́ ha dei difetti nel cristallino. L’occhio sano vede soltanto ciò che c’è fuori di sé.

Così egli scrive che per dare senso alla esistenza di un uomo c’è bisogno di poter riversare il proprio amore sugli altri in primis; ma c’è anche bisogno di essere creativi e riversare le proprie energie in una attività̀, un’arte, un lavoro, uno sport, un atto creativo; e infine anche quando tutto questo non è possibile, si può scegliere di affrontare con animo saldo le proprie sofferenze. La vita sostiene Viktor Frankl riserva a ciascuno questi tre compiti, sempre e in ogni circostanza. La psicoterapia aiuta a scoprirli.

BIBLIOGRAFIA
Viktor E. Frankl: “Alla ricerca di un significato della vita”: Milano, Mursia, 1974
Viktor E. Frankl: “Uno Psicologo nei lager”, Milano, Edizioni Ares, 2011

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